Siamo tutti Parigini – L’Azione

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Cari concittadini,

Parigi, e’ una citta’ che conosco bene – per motivi personali (che non sto qui a ricordare perche’ come scriveva Dante non c’e niente di peggio, nella disperazione, che ricordare i momenti felici). E in verita’ … non mi e’ mai piaciuta piu’ di tanto; con Parigi, (come peraltro con Roma), a differenza di altre citta’ che conosco altrettanto bene (Milano, Londra, New York), ho sempre avvertito poca sintonia. Forse a causa di quel ricordarti continuamente di essere in Francia, (cosa che a Milano, Londra e New York non succede) o forse per un diffuso atteggiamento di fastidiosa superiorita’ dei suoi abitanti per il solo fatto di vivere li’, magari in un bugigattolo infame, ma li’, in quella che e’ stata per un po’, ma che ormai – con buona pace di Parigini o Romani – non e’ piu’ da un pezzo, la ‘capitale del mondo’.

Ebbene, oggi, al termine (speriamo) di questo annus horribilis del terrorismo islamico mi accorgo di amare profondamente quella citta’, (la cui bellezza nonostante tutto non avevo mai messo in dubbio) ferita due volte da una barbarie tanto cieca da riuscire ad accecare a sua volta, di odio, le sue vittime, cioe’ tutti noi, sottoscritto compreso.

E la amo di quell’amore che suscita un cugino un po’ antipatico, che si frequenta poco, e di cui magari, e’ capitato anche di parlar male, quando viene colpito da una disgrazia seria. Solo in quel caso ci si ricorda di quanto si ha davvero in comune: non solo zii e nipoti, ma anche lunghe domeniche, da piccoli, quando spesso gli amichetti te li scelgono i genitori, passate a giocare – e a litigare, anche – e momenti importanti della famiglia (matrimoni , battesimi, funerali, lauree,) trascorsi – volenti o nolenti – insieme, e quanto tutto quel bagaglio di esperienze, emozioni, lezioni di vita e soprattutto valori comuni hanno contribuito a rendere te – e lui – quello che siete oggi.

Quel sentimento, va ben al di la’ della semplice compassione: e’ consapevolezza di essere parte di quella stessa cosa, fondamentale per la propria identita’, che e’ la famiglia. E a quel punto ci si rende conto, non solo che quel cugino e’ molto piu’ simile a te, ma anche molto piu’ bello, dentro, di quanto pensassi e che le cose che te lo facevano sentire distante sono stupidaggini rispetto a quello che adesso te lo fanno sentire vicino.

Eppoi, cari concittadini, la famiglia non si tocca!

Ecco perche’ oggi io mi sento un po’ Parigino, con la voglia di abbracciare e di aiutare i miei ‘cugini’ in difficolta’, e sono sicuro che qualunque siano i vostri rapporti con la ‘ville lumiere’ e i suoi abitanti, un po’ secondo me vi ci sentite anche voi. Sarebbe strano il contrario.

E allora, per quanto mi riguarda, ecco che nella mia mente annebbiata dallo sgomento e dall’orrore, la redazione di Charlie Ebdo diventa quella del Corriere Adriatico, il Bataclan, diventa il Much More (o “il match”, come lo chiamiamo noi), Place de la Republique diventa piazza Garibaldi, e le note della Marsigliese diventano quelle di “Fratelli d’Italia,” se non, addirittura, quelle di “Pelago”.

Durante questa surreale settimana di commenti e di reazioni a quello che a tutti gli effetti e’ stato l’11 settembre Europeo, si ‘e sentito, in Italia, cosi’ come qui in America, tutto e il contrario di tutto. Anche la riflessione, senz’altro giusta, che la vita umana ha lo stesso valore dappertutto, e il suo corollario, pericolosamente relativista, che le stesse manifestazioni pubbliche di cordoglio e di condanna, andrebbero estese alle vittime del terrorismo di Beirut, Sharm-El-Sheik, Bamako (solo per citare gli attentati piu’ recenti). Il che equivale a dire che si dovrebbe andare ai funerali di tutte le famiglie – che so, di Fabriano, tanto per restare in zona – a cui succede una disgrazia, terribile e inaspettata – cosa che, se in linea di principio avrebbe anche senso, in pratica … beh la frase, cari concittadini, la lascio finire a voi.

Ed e’ anche giusto riflettere sul fatto che l’ISIS, ISL, Daesh o comunque vogliamo chiamare questa manica di bastardi, come giustamente li ha definiti un noto giornale nazionale (non li chiamo animali per non mancare di rispetto a questi ultimi), non e’ altro che il braccio armato – sunnita – di una vecchia lotta per l’egemonia mediorientale tra Arabia Saudita – sunnita – e Iran – sciita – , e che siccome abbiamo deciso, per convenienze varie, che Sauditi e compagnia cantante, sono i “buoni”, indirettamente li stiamo finanziando anche noi.

Ma con gli occhi gonfi di lacrime riesce difficile ragionare di geopolitica. E siccome gli assassini di quei 130 innocenti, chi li ha aiutati, e chi crea l’ambiente culturale che li ispira, hanno tutti un nome e un cognome, allora e’ altrettanto giusto scovarli e, metterli in condizione di non nuocere piu’. E smettere di perquisire le vecchiette all’aeroporto in nome di una sorta di ‘par condicio’ del politicamente corretto, e concentrare le risorse su chi invece, anche non essendolo, dello stereotipo del terrorista classico ha tutte le potenziali caratteristiche.

Si offendano pure le associazioni di zelanti liberali – le stesse che giustificano la rimozione dei crocefissi o delle sagre della salsiccia. Per carita’, l’equazione “musulmano uguale terrorista” e’ l’errore piu’ grave in cui una societa’ avanzata e democratica come la nostra puo’ scivolare, ma altrettanto grave e’ l’eccesso di scrupoli che finisce per apparire come segno di debolezza, e diventare un implicito aiuto, a chi vigliaccamente imbraccia il Kalashnikov, va in un bar, in un ristorante, a un concerto, e svuota il caricatore nel mucchio.

Per ora, cari concittadini, limitiamoci ad abbracciare i nostri cugini dal cuore spezzato, principali promotori, due secoli e mezzo fa, di quei principi e di quei valori – non da ultimo la separazione tra stato e religione – che ci rendono, pur con tutti i difetti del caso, ci piaccia o no, quello che siamo. E, date retta a me, sosteniamoli, se decidono – giustamente – di fare qualche passo in piu’ per punire, come si deve, chi se lo merita.

Allons, enfants! Cosi’, forse, si spera, ci sara’ qualche possibilita’ in meno, almeno per me, di dover cominciare improvvisamente ad amare anche Roma.

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