Presidenziali USA, Avanza il Mormone (Famiglia Cristiana)

Di solito, prima di dichiarare un vincitore sulla base di proiezioni ed exit poll, le TV americane ci pensano due, o anche tre, volte. Specialmente dopo le presidenziali del 2000 tra Bush e Gore, quando dopo aver dichiarato e ritrattato almeno due volte vincitore e vinto durante la notte delle elezioni network e canali all news furono costretti (visto che il conteggio dei voti ando’ poi avanti per piu’ di un mese) ad ammettere il proprio fiasco.

Dunque il fatto che ieri, pochi minuti dopo la chiusura dei seggi CNN, CBS e le altre avessero gia’ dichiarato Mitt Romney vincitore delle primarie repubblicane del New Hampshire la dice lunga sul distacco – annunciato in verita’ – tra il milionario mormone e i suoi concorrenti. E quando a fine serata la conta dei voti assegnava a Romney un rotondo 40% dei suffragi, lui e il suo staff erano gia’ in volo per il South Carolina, la prossima tappa del circo elettorale che dopo aver toccato tutti e 50 gli stati approdera’, l’ultima settimana di agosto a Tampa in Florida, dove il partito nominera’ formalmente lo sfidante del presidente Obama.

In realta’, a fare notizia piu’ della vittoria e’ stato il fatto che, in barba a tutte le tradizioni, Romney sia uscito in pubblico prima di tutti gli altri candidati perdenti e che nel suo discorso di ringraziamento li abbia completamente ignorati rivolgendosi invece, criticandolo, al presidente Obama il quale, tecnicamente, non sara’ suo avversario diretto per almeno nove mesi ancora. Come se le primarie fossero gia’ finite mentre in realta’ siamo solo al primo atto – se si eccettua l’anteprima dell’Iowa: il “caucus”, ovvero l’elezione informale dove, ricordiamo, appena una settimana fa aveva superato Rick Santorum per soli otto voti.

In questo piccolo stato montagnoso del Nordest tuttavia, per motivi sia personali che politici Romney, ex governatore del vicino Massachusetts, giocava praticamente in casa, mentre Santorum, non poteva contare sul voto evangelico che l’aveva sostenuto nel rurale stato del Midwest. Risultato: il cattolico, italoamericano, ex senatore della Pennsylvania non e’ riuscito nemmeno ad andare, come si dice nel basket, in doppia cifra finendo con un deludente 9%.

Altrettanto deludente l’ex presidente della Camera Newt Gingrich (10%) nonostante il lungo e brillante curriculum in seno al partito repubblicano – specie negli anni ’90 quando guido’ il ribaltone parlamentare che mise in minoranza Bill Clinton. Inesistente (1%) Rick Perry governatore del Texas, grande favorito fino a qualche mese fa, crollato dopo una serie di gaffes nei dibattiti televisivi. Anche Jon Huntsman, l’ex ambasciatore in Cina, campione della ‘questione morale’, che in New Hampshire sperava, senza nasconderlo, in un secondo posto e’ rimasto scottato – e gli si leggeva in faccia, nonostante I toni, durante il discorso ai suoi sostenitori – dal misero 17% ottenuto.

L’ambita piazza d’onore (se di ambita si puo’ ancora parlare con 17 punti di scarto) e’ andata invece a Ron Paul (23%), vera e propria voce fuori dal coro che con i suoi discorsi senza mezzi termini sul taglio della spesa pubblica e conseguentemente della presenza Americana nel mondo entusiasma tanti repubblicani mettendone altrettanti in imbarazzo. Da qui I timori, piu’ o meno dichiarati, in seno al partito, che una volta a confronto con Obama, Paul non sia ‘eleggibile’ o peggio, che esca dal partito stesso per ‘correre’ da indipendente sottraendo quei voti necessari ai repubblicani per accedere alla casa Bianca – un po’ come secondo molti analisti fece nel 2000 Ralph Nader con i voti di Al Gore.

Dunque Mitt Romney esce dal New Hampshire con in tasca il miglior risultato possibile e si dirige verso il South Carolina, dove il 21 gennaio andra’ in scena il prossimo episodio di questo grande quadriennale spettacolo della politica Americana. Ma mentre si godono questo scampolo di radioso presente, lui e la sua macchina elettorale sanno bene che, sia passato che futuro, saranno sempre in agguato. Dalle urla di Howard Dean (2004) alle amanti di Gary Hart (1987) la storia elettorale Americana e’ costellata di esempi di quanto facile sia, anche per I superfavoriti, buttare tutto all’aria.

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